bresaola

La bresaola: gusto e tradizione

La bresaola è uno tra i salumi italiani che merita di essere conosciuto meglio. Raffinata nel sapore, sana dal punto di vista nutrizionale. Si presta a gustosi abbinamenti con verdure e formaggi, sia come antipasto che come secondo piatto.

Caratteristiche nutrizionali

Nella sua versione tradizionale, la bresaola è un salume crudo di carne di manzo magra, a pezzo intero; mediamente stagionato, non affumicato.
100 gr di bresaola apportano circa 150 calorie, derivate per la maggior parte dalle proteine (il 32% del peso) e in piccola parte dai grassi. Contiene infatti pochi grassi rispetto agli altri salumi, ed è particolarmente digeribile. Ottimo l’apporto di ferro, zinco, fosforo e potassio, nonché di vitamine B1, B2 e B3. L’unica controindicazione è una consistente presenza di cloruro di sodio (il comune sale da cucina), che la rende poco adatta in situazioni di ipertensione, in presenza di problemi circolatori o della funzionalità renale.

Origini, storia e curiosità

La prima testimonianza scritta che riguarda la bresaola è del XV secolo, ma pare che la produzione sia iniziata secoli prima, almeno a livello casalingo. Solo nel XIX secolo diventa un prodotto artigianale più largamente venduto e, valicando i confini regionali, si diffonde in Italia e in Svizzera.

Le origini del nome sono controverse. C’è chi le fa risalire alla “brisa” una parte del manzo anticamente conservata sotto sale, e chi alla “brasa“, cioè la brace che si usava un tempo per far asciugare più velocemente la carne salata.

Dal dicembre del 1998 la produzione è stata disciplinata al fine di assegnare alla bresaola della Valtellina il marchio IGP; in cui conta il metodo di preparazione, ma che permette l’utilizzo anche di carni provenienti da altre zone (e altri paesi, come la Nuova Zelanda) e di razze di bovini originarie di altri climi.

Bresaola IGP e “brisaola” della Valtellina; “brisaula” della Val d’Ossola

La bresaola della Valtellina, prodotta in tutta la provincia di Sondrio, è un prodotto riconosciuto IGP (indicazione geografica protetta). È ottenuta da specifici tagli di carne bovina (fesa, punta d’anca, sottofesa, magatello, sottosso), inseriti in un budello, (talvolta legati), salati e aromatizzati, massaggiati per far penetrare il sale nelle carni e lasciati asciugare, poi stagionati. Il processo di produzione della bresaola dura mediamente poco più di un mese, una volta pronta conserva per lungo tempo le qualità organolettiche che le sono peculiari: morbidezza, compattezza, colore rosso più o meno intenso a seconda delle carni impiegate, scarse venature bianco-rosate di grasso e tessuto connettivo.

Simile alla Bresaola valtellinese, la brisaula (conosciuta anche come “carne salata”), prodotta in Piemonte, nella Val d’Ossola e nella provincia del Verbano Cusio Ossola. Le differenze sono negli aromi e, soprattutto, nella salatura: in salamoia per la bresaola, a secco per la brisaula.

La “brisaola” affumicata della Valchiavenna, in provincia di Sondrio, è anch’essa di manzo, ma viene affumicata a fine stagionatura con legno di pino.

Come la bresaola ma con altre carni: cavallo, cervo e maiale

In diverse zone della penisola italiana, esistono preparazioni simili alla bresaola, ma in cui si usano carni diverse da quella di manzo.
Esiste così una bresaola di cavallo tipica del Veneto, soprattutto nella zona di Padova, e del Piemonte, nella provincia di Asti.
Quella con carne di cervo è invece tradizionalmente prodotta a Novara; è più scura della bresaola classica e ha il gusto particolare dell’animale selvatico.
La bresaola di carne suina si ottiene dalla lavorazione del lombo di maiale. Il colore è più chiaro e il sapore è meno delicato di quello della bresaola classica, ma comunque molto gradevole.

La bresaola a tavola

La bresaola non può mancare in un tagliere di salumi, o salumi e formaggio, come antipasto; tagliata rigorosamente molto sottile, tra 0,6 e 0,8 mm.
Servita con scaglie di parmigiano e rucola o funghi, è un ottimo secondo piatto che ricorda il carpaccio ma può piacere anche a chi non ama la carne cruda; i buongustai raccomandano di usare il limone con parsimonia e aggiungerlo solo all’ultimo momento. L’abbinamento con la mozzarella, in particolare quella di bufala, è decisamente vincente.
Se la bresaola deve essere inserita in ricette di piatti caldi (pizza, risotti, ecc…), andrà aggiunta solo a fine cottura.

Il vino da abbinare alla bresaola può non essere un rosso, data la delicatezza del salume: meglio un bianco corposo o un rosé, anche uno spumante secco.

Carne di tacchino: tutto quello che c’è da sapere

Chi è dedito allo sport lo sa benissimo. Quando si cerca una carne bianca ricca di proteine e al tempo stesso povera di grassi, la carne di tacchino rappresenta una combinazione perfetta. Insieme al pollo, è un’ottima soluzione per chi segue una dieta sportiva e non. Una carne magra, proteica, ricca di minerali e vitamine, si presta perfettamente ad una dieta sana e bilanciata.

Una carne versatile da utilizzare in tantissimi modi che da diversi anni a questa parte ha preso posto nelle nostre tavole anche nei giorni festivi, come il Natale, o rappresentativa in alcuni paesi della tradizione locale.

Consumo in Italia

Ad oggi il tacchino rappresenta uno degli alimenti più richiesti e consumati dalla popolazione italiana, con stime che superano anche il consumo di pollo. Basti pensare che solamente nel 2019 sono state prodotte all’incirca 301 mila tonnellate di tacchino indirizzato alle tavole italiane. Nel 2020 il consumo pro-capite in Italia ha raggiunto la quantità di 4,22 kg a persona. I dati sono stati rilasciati da uno studio condotto da Unitalia, associazione di produzione avicola nazionale.

In cucina si possono preparare diversi tagli. I più cucinati il petto e le cosce sino a diversi piatti che possono prevedere tempi di preparazione più lunghi, come lo stufato o brodi di carne, o più brevi, come un semplice petto di tacchino alla piastra.

Altre alternative possono essere le scaloppine al limone, i bocconcini in padella, tacchino ripieno o salsicce. Piatti gustosi e semplici da preparare, pronti in pochi minuti. Ideali per chi torna a casa da una giornata di lavoro e vorrebbe mangiare qualcosa di gustoso, ma veloce allo stesso tempo.

La parte più grassa di questa carne ovvero la pelle, può essere cucinata insieme alle cosce, in forno o in padella, e donare un gusto più ricco e saporito o semplicemente essere anche rimossa. Molto richiesta risulta essere anche la fesa di tacchino. Veloce da consumare e con un notevole valore nutrizionale, è perfetta da accompagnare al pane o ad un’insalata.

Carne di tacchino: valori nutrizionali

Carne prevalentemente d’allevamento locale, la carne di tacchino, presenta una notevole quantità di valori nutrizionali. Questo rende questa carne ideale nell’alimentazione di anziani e bambini, nonché di sportivi. Il basso apporto calorico è l’ideale per mantenere la massa magra e la quantità di proteine aiuta con lo sviluppo e il rafforzamento dei muscoli, importante soprattutto per chi pratica sport. Molto ricca di zinco, ferro e potassio, in quantità simili alle carni rosse, facilita il rafforzamento delle difese immunitarie, riduce il rischio di calcoli renali e l’insorgere di crampi mestruali. La serotonina all’interno, anche chiamata “ormone del buonumore”, un amminoacido che aiuta a diminuire i livelli d’ansia, mal di testa, ipertensione ed insonnia, facilitando il corretto equilibrio del sonno.

Come cucinare la carne di tacchino

Tuttavia, è bene specificare una piccola attenzione da prestare nel cucinare questa carne: il tacchino, così come il pollo e il pollame in generale, è una carne portatrice di batteri che possono intaccare l’organismo e dar vita all’insorgere di problematiche rischiose per l’uomo. È bene dunque osservare delle attenzioni, quali non sciacquare le carni nel lavello, in quanto i batteri potrebbero disperdersi ed attaccarsi ad altri utensili e cucinare in maniera ben cotta la carne. Per questo motivo infatti, a differenza delle carni rosse, non va mai consumata cruda o al sangue, è preferibile bensì che sia ben cotta. Inoltre, è consigliabile un consumo non eccessivo, non più di tre o quattro volte a settimana.

Wurstel artigianali

Wurstel artigianali: perché sceglierli

I wurstel sono un alimento tipico di diversi Stati, ma apprezzati praticamente ovunque. Solitamente si mangiano cotti, magari accompagnati da diverse tipologie di salse o patatine fritte o al forno. Si possono trovare sulla pizza, tagliati a rondelle oppure insieme alle verdure, i crauti ne sono un esempio. Il nome deriva da wurst, il nome tedesco utilizzato per indicare le salsicce. Si tratta pertanto di insaccati che provengono da alcune zone dell’est Europa. Nello specifico, originariamente erano prodotti in Germania, Austria e persino nelle zone più a nord del Trentino Alto Adige. Ma come si fanno i wurstel? L’origine non può che essere nordica e, anche se spesso vengono associati al cibo spazzatura, non sono affatto tali se realizzati a regola d’arte.

Le origini dei wurstel

Nati in Germania i wurstel si sono rapidamente diffusi in tutto il mondo, il loro nome però è tipico dell’Italia o dell’Austria perché nella loro patria sono comunemente chiamati wurst. I primi a diffondersi storicamente sono quelli realizzati con carne suina, dei veri e propri insaccati che al loro interno originariamente contenevano anche carne bovina. I primi avevano una forma molto più corta rispetto a quella che conosciamo oggi e venivano insaccati appunto, all’interno di n budello di pecora. Adesso invece hanno una forma molto più allungata e sul mercato si possono trovare sia i wurstel di pollo e tacchino che di solo maiale.

La produzione dei wurstel

La lavorazione dei wurstel viene scandita in diverse fasi e richiede specifiche accortezze, in primis è necessario tritare finemente la carne di suino. Il composto viene ricreato unendo un 20% di carne grassa all’80% di carne magra. La triturazione è particolare poiché la carne, diviene quasi spumosa. Tale lavorazione viene effettuata su carne surgelata oppure mediante l’ausilio di ghiaccio. Il motivo è molto semplice, lavorare la carne fredda è molto più semplice rispetto a quella calda. Ancora, l’uso di apparecchiature elettroniche nella triturazione, impone di lavorare con carne fredda per evitare che il lungo processo possa surriscaldarla danneggiandone le proprietà nutritive e modificandone il valore.

La creazione dei wurstel

Dopo che la carne è stata tritata finissima, si procede all’insaporimento. Questa fase varia in base alla tipologia di wurstel che si produce. Sale e pepe sono tra le spezie più comuni insieme alla senape che conferisce un tocco personale al miscuglio. Tale preparato viene insaccato all’interno del budello che verrà poi affumicato o semplicemente essiccato in base al gusto che si desidera dare al wurstel. Queste fasi della produzione sono quelle che danno vita ai wurstel prodotti artigianalmente.

Come scegliere i wurstel

Sia che si tratti di wurstel artigianali che della grande distribuzione, è possibile trovare prodotti di qualità in entrambi i casi, basta saper leggere l’etichetta. Maggiore è la quantità di carne, migliore sarà il sapore del wurstel e dunque più adatto a chi ricerca un prodotto eccellente dal punto di vista nutrizionale. La cottura migliore è quella alla griglia, riesce ad esaltarne il sapore regalando un pasto unico.

carne

Come conservare al meglio la carne

Conservare la carne nel modo adeguato è, senza ombra di dubbio, uno degli aspetti da cui non possono prescindere sia i normali consumatori che gli addetti ai lavori. Al fine di garantire un’elevata qualità della materia prima, risulta infatti necessario preservare nella maniera adeguata ogni alimento ricavato dalle parti commestibili degli animali omeotermi, ovvero quelle specie in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea.
Non conservare la carne adeguatamente potrebbe, infatti, significare alterare il modo significativo il sapore di quest’ultima o, ancor peggio, favorire la nascita e la successiva proliferazione di piccoli microrganismi che possiamo definire tutt’altro che innocui. In entrambi i casi, la carne non potrebbe più essere consumate e risulterebbe obbligatorio buttare il prodotto. Come fare, quindi, a conservare i prodotti di macelleria nella maniera corretta? Quali aspetti vanno tenuti in considerazione?

Composizione della carne

Prima di comprendere come conservare adeguatamente i prodotti di macelleria, risulta necessario apprendere qualcosa in più riguardo la loro composizione. All’interno di qualsiasi pezzo di carne, si trovano elementi quali acqua, proteine, grassi, glicogeno e diverse vitamine del gruppo B. Questo consente di affermare che non è solo il gusto a rendere la carne uno degli alimenti più apprezzati al mondo, ma anche l’importante apporto nutritivo che questo alimento è in grado di apportare all’organismo. Proprio l’assunzione della carne permette a questo di funzionare nel modo corretto e, inoltre, genera diversi effetto positivi sul sistema nervoso.
Oltre a quanto illustrato precedentemente, all’interno della carne troviamo anche dei microrganismi che, nonostante possano essere definiti quasi sempre innocui, in caso di eccessiva proliferazione potrebbe provocare importanti problematiche alla salute. In aggiunta, come brevemente anticipato in precedenza, una conservazione non propriamente corretta della carne potrebbe favorire lo sviluppi di altri mircrorganismi, tra cui la salmonella, l’escherichia coli e la camplyobacter.

Conservare la carne nel modo sbagliato: quali sono le conseguenze

Appare ormai chiaro come la corretta conservazione della carne rappresenti qualcosa di primaria importanza. Qualora questa non avvenisse nel modo corretto, si correrebbe il rischio di rovinare l’alimento favorendo la proliferazione di microrganismi capaci di danneggiare la carne stessa provocando alterazioni nel colore, nell’odore, nel sapore e nella consistenza.
In casi ancor più gravi, lo sviluppo di nuovi microrganismi può risultare meno evidente, ma ancor più pericoloso. Parliamo, infatti, di microrganismi patogeni in grado di dare origine a problematiche di ordine gastroenterico. Tra queste, la più comune è sicuramente la salmonella, batterio solitamente presente all’interno di carni suine e capace di provocare sintomi come dolore addominale, febbre e vomito.
Altrettanto pericolosa è, invece, l’escherichia coli, batterio principalmente presente nei bovini ma riscontrabile anche nei polli. A differenza della salmonella, quest’ultimo è un batterio già presente nel nostro organismo, ma alcuni dei suoi ceppi possono risultare particolarmente pericolosi.

Conservare la carne: gli aspetti di cui tenere conto

Comprese le problematiche che possono sorgere in caso di mancata conservazione delle carne, è ora necessario quali sono i fattori chiave in grado di influire su quest’ultima.
In primo luogo è essenziale mantenere l’alimento all’interno di un luogo caratterizzato da un’umidità pari a circa il 90%, percentuale utile a evitare la proliferazione dei batteri. La temperatura, invece, dovrà essere compresa tra gli 0 ºC e i 2°C, mentre, al fine di controllare il livello di acidità della materia prima, il ph dovrà risultare mai inferiore a 4.4 e mai superiore a 4.5.
Solo prestando attenzione a quanto illustrato, sarà possibile assicurarsi una perfetta conservazione della carne.

Carne bianca e carne rossa: differenze e caratteristiche

Molte persone tendenzialmente sono portate a non fare una vera e propria distinzione tra carne bianca e carne rossa o, se la fanno, si basano su conoscenze approssimative senza soffermarsi su quali siano in realtà effettive differenze. Le due tipologie si distinguono in base ad una serie di fattori e questa distinzione influenza le proprietà di entrambe.

Carne rossa e carne bianca: differenze visive

Da come il nome suggeriscono gli aggettivi che affiancano la parola “carne” si può dedurre che la prima differenziazione è visiva. Le carni rosse hanno un colore tendenzialmente più scuro mentre le bianche assumono una tonalità decisamente più chiara. Basarsi tuttavia sull’esclusivo aspetto della carne non sempre aiuta perché esistono alcune tipologie che non hanno una colorazione rosacea che difficilmente è collocabile in uno dei due gruppi. Per questo motivo esistono altri criteri che permettono di riconoscere una carne rossa rispetto a una bianca e viceversa.

Il colore della carne

Ma partiamo dalle basi: a cosa è dovuto il colore della carne? La carne è una componente dell’animale che può essere più o meno irrorata dai vasi sanguigni e per questo motivo contiene una certa concentrazione di proteine, tra queste la mioglobina. Quest’ultima ha un’elevata affinità per il ferro, che conferisce colorazione rossa. Da questo si può facilmente dedurre che un’elevata quantità di mioglobina ci restituisce una carne rossa mentre una bassa concentrazione di questa proteina è indice di una colorazione più chiara. Per fare un esempio prendiamo in considerazione una delle carni bianche più famose: il petto di pollo.

Questa ha una colorazione estremamente chiara e questo fa comprendere che la sua vascolarizzazione è bassa, ma per quale motivo? I muscoli presentano una grande quantità di vasi nel momento in cui necessitano di un continuo scambio di materiali nutritivi, ossigeno e sostanze di scarto e quindi quando sono “attivi”. Il pollo non essendo in grado di volare ha bisogno di avere dei muscoli particolarmente ricchi di vasi e per questo motivo è una riserva di carne bianca.

Altri animali come i cavalli, che sono spesso sottoposti a grandi sforzi, hanno al contrario una carne scura. Come è già stato detto tuttavia il colore della carne non è indicativo della sua categoria d’appartenenza: la carne del maiale infatti, per via del colore, è spesso erroneamente associata alle carni bianche ma al contrario è una carne rossa. Possiamo in questo caso fare una distinzione in base agli animali da cui la carne proviene.

In linea di massima infatti la carne rossa deriva da animali da macello quali equini, ovini, suini e caprini mentre quella bianca da quelli da cortile come polli e tacchini. Si può fare in aggiunta una caratterizzazione di tipo nutrizionale.

Differenze nutrizionali

La carne rossa è un’immensa riserva di proteine che provengono dal sangue e la sua consumazione è consigliata specialmente a tutti coloro che necessitano di un consistente apporto di ferro. L’assimilazione di quest’ultimo è facilitata nel momento in cui si abbina questo nutriente ad alimenti che sono fonti di vitamina C. Altri nutrienti che sono presenti e il cui apporto è fondamentale per il nostro organismo sono sono minerali come lo zinco, il selenio, il fosforo, il sodio, il potassio e numerose vitamine del gruppo B.

La carne bianca invece si mostra adatta a chi presenta esigenze nutrizionali parzialmente differenti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare la carne bianca, nonostante sia meno irrorata rispetto alla rossa e nonostante lo sia in misura minore, è anch’essa fonte di ferro. Contiene inoltre selenio e vitamine del gruppo B. Mangiarla porta inoltre con sé i suoi pro: è più digeribile ed ha una consistenza più morbida, perciò è più facilmente masticabile. Tutto ciò è dovuto al fatto che presenta una quantità minore di tessuto connettivo.
All’interno della propria dieta è perciò consigliato bilanciare bene l’apporto di carne, sapendo ben alternare la rossa con la bianca. Ovviamente non ci si deve basare esclusivamente sul gusto, ma anche sulle proprietà nutrizionali che le due hanno, sulla modalità con cui possono essere cucinate e sugli alimenti a cui vanno preferibilmente accostate.

tritato di primo taglio - Macelleria Sparacello

Macinato di carne: cosa sapere

La vera protagonista di ogni macelleria è la carne macinata, una soluzione estremamente versatile che permette di realizzare polpette, hamburger, polpettoni e preparazioni gustose.

Cos’è esattamente la carne macinata

Secondo la vigente normativa europea, per carne macinata si intende un prodotto disossato, ottenuto dalla macinazione in pezzi di uno o più tagli di carne, con l’aggiunta dell’1% di sale nella preparazione.
Questa è la definizione legislativa, ma la carne macinata è in realtà una risorsa variegata e funzionale per ogni cuoco, da avere sempre in cucina per preparare secondi deliziosi ma anche antipasti e primi a base di questo ingrediente.

Come viene realizzata la carne macinata

Avendo a disposizione attrezzi più moderni, attualmente la carne macinata è lavorata tramite appositi macchinari, che la rendono più o meno sottile o grossolana.
In passato si usava il coltello, che tuttavia non dava lo stesso risultato e richiedeva un tempo superiore di preparazione.
Un macellaio attento e preparato possiede sempre più di un tritacarne, in quanto ogni animale dovrebbe essere separato dagli altri per evitare contaminazioni, essendo la preparazione diversa tra un taglio e l’altro. Questo perché alcune varianti, come ad esempio il pollo, possono essere altamente nocive se consumate crude, mentre altre, come il bovino, si prestano alla realizzazione di deliziose tartare, sempre se abbattute correttamente.

Quale carne usare per realizzare il macinato perfetto

Secondo la tradizione, ogni regione possiede un proprio modo caratteristico di preparare il macinato, che è usato per ricette particolari e uniche.
Solitamente, il macinato è realizzato con la carne di manzo o di vitello o suino, oppure unendo entrambe le varianti in un mix saporito ma delicato.
Più difficilmente è possibile trovare all’interno pollo e tacchino, se non per la realizzazione di hamburger interamente di carne bianca.
In base al piatto da preparare è poi scelta una specifica parte dell’animale, come ad esempio accade con il ragù, per il quale è preferibile optare per il petto del manzo.
La pancia contiene poi una discreta quantità di grasso, che deve essere mixata per realizzare un piatto gustoso e dal sapore caratteristico.

Come comportarsi con il grasso nel macinato

Il grasso è un elemento che dovrebbe entrare a fare parte del macinato, ma sempre bilanciando le quantità e guardando al tipo di piatto da preparare.
Se il destinatario finale è un bambino, si predilige una composizione più magra e salutare, mentre se si vuole realizzare un ragù alla bolognese allora impossibile rinunciare alla parte della pancia.
Sarà il tuo macellaio di fiducia a consigliare le proporzioni più adatte, conoscendo al meglio il suo taglio di carne e optando solo per animali controllati.

Costata di suino a fette

Carne di maiale: cosa sapere

Carne di maiale: carne rossa o bianca?

La carne di maiale per via del suo aspetto rosaceo è una tipologia di alimento considerato a cavallo tra la carne rossa e la carne bianca. Nonostante dopo la cottura assuma una colorazione bianca è convenzionalmente indicata come carne rossa perché presenta molteplici analogie che la fanno rientrare in questa categoria.

Come la stragrande maggioranza degli alimenti che consumiamo quotidianamente la carne di maiale conserva proprietà benefiche. Risulta “dannosa” per la salute solo nel momento in cui se ne abusa. Quella precedentemente citata è una regola aurea. Vale per la maggioranza del cibo e ritenerla una carne grassa e poco salutare è un mito da tempo sfatato. Questa contiene infatti un’elevata quantità di grassi saturi ma solo nel momento in cui si opta per un taglio che ne è ricco. Se ci si orienta sulla sua parte “magra” essa si rivela un alimento povero di colesterolo e altri grassi considerati “cattivi”.

Proprietà e caratteristiche

Che cosa contiene più nello specifico la carne di maiale e in quali casi si rivela un alimento da prediligere? Si tratta di una vera e propria miniera di valori nutritivi introdotti nel nostro organismo nel momento in cui la si consuma. Contiene infatti al suo interno proteine nobili composte da amminoacidi essenziali, minerali come zinco, rame e selenio che la rendono perfetta specialmente per chi soffre di anemia. Un’altra componente fondamentale è il collagene. E’ una molecola che si trova già di per sé all’interno del nostro organismo ma che può anche essere integrata grazie ad una corretta alimentazione. Per esempio è uno degli elementi responsabili del mantenimento dell’integrità e dell’elasticità della pelle. La nostra pelle è quotidianamente sottoposta a numerosi stress e uno dei motivi per i quali invecchia e perde tonicità è un fenomeno chimico: l’ossidazione. Anche per venire incontro a questa problematica la carne di maiale si rivela un alimento ottimo. E’ in grado non solo di preservare la pelle ma anche di evitarne l’invecchiamento dovuto allo stress ossidativo.

Come cucinare la carne di maiale

Per mantenere tutti i suoi principi benefici è doveroso consumare la carne di maiale in quantità corretta, senza eccedere e soprattutto selezionare tagli adatti al fine di valorizzarla in cucina. Può essere cucinata al forno preservandone la parte grassa ma anche come braciola, perciò a temperature più alte sfruttando modalità di cottura più rapide. Le ricette sono numerose e diversificate ma il fine comune è quello di ottenere un piatto gustoso ma allo stesso tempo benefico.

È importante ricordare che la carne di maiale deve essere necessariamente ben cotta perché nel caso in cui venisse consumata leggermente cruda aumenterebbe il rischio di trasmissione di un batterio noto come Trichinella. La trichinellosi è caratterizzata da un’ampia e incontrastata diffusione di larve che vanno ad incistarsi all’interno dei nostri tessuti e la sua eventuale trasmissione tramite carne suina va evitata con ogni mezzo possibile. Se cucinata adeguatamente la carne di questo animale può essere accostata sia a frutta che a verdura. Tra i frutti più utilizzati in ambito culinario troviamo sia quelli con sapore più acidulo come il limone sia quelli più dolci come l’albicocca e il mandarino. Se invece si preferisce orientarsi su verdure esistono più opzioni anche in questo caso: carote, zucca, scalogno, rape, verza e porri. Si può inoltre optare per cotture in bevande alcoliche come il vino bianco, la birra e il marsala.

bistecca fiortentina

Bistecca alla fiorentina: taglio e caratteristiche

Se hai visitato Firenze e hai avuto modo di assaggiare la vera bistecca alla fiorentina, non potrai più accontentarti di un taglio e di una qualità che non sia quella.
Regina della carne, la Fiorentina deve essere selezionata con cura per ottenere un risultato a regola d’arte, cioè un piatto succoso e gustoso, con la giusta quantità di osso e di grasso, che dona quella nota di sapore ulteriore.
Perfetta se accompagnata con ogni genere di verdura, vediamo cosa bisogna sapere della bistecca più famosa al mondo.

Le caratteristiche per scegliere la migliore Fiorentina

Il primo passo da compiere quando si sceglie una bistecca alla fiorentina è calcolare le dimensioni.
Al contrario di quanto si possa pensare, quella perfetta non è enorme da occupare tutto il piatto, perché viene dalla femmina dell’animale e non dal maschio.
Pertanto, diffida dei tagli troppo grandi, a favore di un piatto consistente ma non eccessivo.

All’interno della bistecca alla fiorentina, poi, deve essere presente almeno una piccola quantità di grasso, bilanciata rispetto alla parte magra.

Osserva poi il colore della carne. Se questa appare eccessivamente rossa, probabilmente significa che non è stata frollata adeguatamente, pertanto meglio optare per una soluzione più naturale.

Da quale parte del bovino proviene la bistecca alla fiorentina

La bistecca alla fiorentina proviene dalla lombata del manzo, solitamente scelta nell’area del filetto.
La cottura avviene possibilmente su pietra o barbecue, lasciando la carne al sangue o arrivando al massimo a una leggera rosatura.
Molto importante in tal senso è la selezione della razza del manzo. Ovviamente, se l’animale cresce all’aria aperta e non presso un allevamento intensivo, la sua carne sarà più morbida, gustosa e salutare.
Ad essere selezionati sono capi di bestiame giunti alla fase finale della loro vita, a patto che siano stati nutriti con dei mangimi adatti e pertanto la loro carne possegga sapore e consistenza idonei alla realizzazione di una perfetta bistecca alla fiorentina.

Cos’è la marezzatura

Un esperto del settore saprà valutare la se una fiorentina può essere gustosa o meno a seconda della marezzatura.
Si tratta dei filamenti bianchi e rossi che ricoprono la superficie, capaci di indicare la superficie di grasso e di magro presenti nel taglio.
Il grasso è fondamentale perché si scioglie in parte durante la cottura e permette di assaporare una carne morbida, mentre la parte rossa indica la muscolatura dell’animale, che è indice della sua qualità della vita.
Oltre alla qualità del bovino, però, a intervenire è anche il lavoro umano, con il processo di frollatura che deve essere eseguito a regola d’arte per risultare soddisfacente.
Determina infatti la compattezza e la delicatezza del prodotto, la sua consistenza durante la masticazione e il gusto in bocca.

Come cucinare la bistecca alla fiorentina

Per ottenere un piatto da leccarsi i baffi, ricorda di tirare fuori la carne dal frigo almeno 1 ora prima della cottura in estate e 4 in inverno.
Non togliere lo strato di grasso che si trova all’esterno, perché altrimenti rischi di pregiudicare la morbidezza.
Evita di aggiungere sale prima e durante la cottura, poiché asciugheresti tutti i succhi e renderesti la carne secca; usa invece il sale grosso direttamente nel piatto per aggiungere sapidità.
Cuoci a fuoco intenso per la prima parte e dopo abbassa la fiamma.

capretto

Cucinare il capretto: consigli

Il capretto: che cos’è e quando lo si prepara

Il capretto altro non è che il cucciolo della capra, simile di molto alla carne di agnello. Lo si prepara e lo si cucina spesso a Pasqua, regalando piatti davvero eccezionali, grazie soprattutto alla sua carne molto tenera e dal sapore delicato. Le preparazioni che riguardano il capretto sono davvero tante, risultando in definitiva uno dei secondi piatti preferiti. Il capretto risulta essere molto buono anche quando viene usato per preparare un ragù. Basti solo pensare a dei fantastici gnocchetti conditi dal ragù di agnello e viene l’acquolina in bocca.

Il capretto cucinato al forno

Per chi è interessato a cucinare un capretto può scegliere diverse strade. Le più interessanti e che hanno sempre portato ottima figura a tavola sono quelle di preparare un capretto cucinandolo direttamente nel forno. Infatti, il capretto cucinato al forno dà la possibilità di prepararlo al meglio realizzando ottimi sughi in modo da condire anche primi piatti. L’arrosto di capretto, pertanto, è davvero gustoso, specie se accompagnato dalle patate, ormai un classico abbinamento che delizia tutti i palati, dai più grandi ai più piccoli. La carne del capretto è tenera, rendendo saporiti tutti i piatti con questo ingrediente, ed è possibile cucinarlo con un taglio specifico, come ad esempio il cosciotto.

Preparazione

Naturalmente, è importante eliminare il forte odore che proviene dal capretto, facendolo marinare in una terrina, condita da vino, aglio, rosmarino e alloro. In questo modo, il capretto è pronto per la cottura già dal giorno dopo e, prima di procedere con la sua cottura, è utile farla rosolare a pezzetti per un quarto d’ora su di una pentola a fiamma alta. Questo serve per evitare che la carne di agnello tolga tutti i liquidi sanguigni durante la sua cottura. Arrivati a questo punto, bisogna ungere una teglia con dell’olio e posizionare al suo intero i vari pezzi del capretto. Successivamente, lo si inforna per circa 1 ora a 180°, voltandolo di tanto in tanto. Il classico piatto prevede l’utilizzo delle patate, come già anticipato. Ecco perché è importante pelare le patate ad inizio cottura, in modo da essere veloci e preparati dopo. Una volta sfornato l’agnello, lo si serve con le patate di fianco, permettendo così di mangiare un piatto davvero squisito.

In Sicilia, giusto per fare un altro esempio di cottura, viene servito anche con la salsa di pomodori e olive nere, regalando così un sapore davvero unico, tipico del Mediterraneo.

Polpette

Inoltre, se a tavola ci sono bambini, per loro sarà molto gradevole mangiare delle polpette di capretto al forno: bisogna tritare uno spicchio d’aglio, un po’ di rosmarino e un po’ di prezzemolo per aromatizzare il tutto. Dopodiché bisogna realizzare delle polpette con circa 20 grammi di formaggio pecorino grattugiato un uovo, del pangrattato ed un pizzico di sale. Infine, bisogna solamente amalgamare tutto con il trito realizzato e cuocere direttamente in forno in una teglia unta di olio per circa mezzora, voltando le suddette polpette solo a metà cottura.