Insalata di caldume

La caldume: storia

La caldume: storia

Com’è ben noto, la Sicilia oltre ad essere una terra bagnata da mari meravigliosi, abitata da gente ospitale e ricca di storia e di arte è una delle regioni dove si mangia meglio non solo in Italia, ma nel mondo intero. Noi della macelleria Sparacello vogliamo oggi portare alla vostra attenzione uno dei piatti più amati è più antichi della tradizione culinaria siciliana, un piatto che potrete trovare presso il nostro negozio a Palermo: la caldume.

Che cos’è la caldume?

Denominata in siciliano volgarmente “quarume”, la caldume o chòldes in greco antico è un dei piatti simbolo più antichi di tutta la Sicilia. Le sue origini risalgono infatti al periodo della dominazione greca in Sicilia, la cosiddetta Magna Grecia, dove era usanza sfamare i bambini con questa pietanza in quanto si credeva che le interiora del vitello contenessero al loro interno una grande quantità di principi attivi. Anticamente i cibi precedentemente cotti come bolliti, interiora, pesci fritti o verdure lesse venivano vendute nelle agorà, ovvero il centro della vita pubblica a quei tempi e ancora oggi vengono vendute nelle piazze cittadine sotto forma di street food. La caldume è un bollito misto di centopelli, ziniere, verza e matruzza di manzo o vitello. Dopo aver provveduto alla preparazione delle carni facendole bollire con un aggiunta di prezzemolo, sedano, carote e pomodori, il piatto va servito con un pizzico di sale, di pepe, un po’ d’olio e un po’ di succo di limone per accentuarne il sapore. Con il termine caldume, si intende infatti un piatto caldo composto da interiora di vitelle cotte nel brodo. Quando però preparato in un apposito tegame, questa ricetta tipicamente palermitana muta il suo nome, assumendo quello di “quarara”. La ricetta è ormai diventata introvabile nella maggior parte dei ristoranti palermitani, salvo per qualche locale che reintegrandolo nel menù lo ha elevato a piatto di culto.

Ingredienti e ricetta

Al fine di realizzare una caldume a regola d’arte è necessario acquistare ogni singolo elemento che compone la ricetta. Per prima cosa partire dalla carne, e quindi ventra, ziniere, matruzza e centopelle. È importante ricordare però che sono interiora e che quindi prima di essere cucinate vanno adeguatamente lavati. Il passo successivo è farli bollire nella quarara, immergendoli in abbondante acqua salata per circa 30 minuti. A seguito di questa cottura bisogna risciacquare la carne un ulteriore volta e metterla nella pentola assieme ad altri ingredienti.
Con lo scopo di rendere più saporito il brodo facendogli acquistare sapore si deve aggiungere sale, pepe e prezzemolo. Per quanto riguarda le tempistiche relative alla preparazione di questa tradizionale ricetta siciliana, occorre sapere che il tempo minimo di cottura della carne è di 3 ore. In seguito alla cottura, la carne dovrà essere tagliata grossolanamente a pezzi all’interno del brodo.
Quali sono gli ingredienti necessari per preparare il piatto?

  • 2 kg di interiora di vitello;
  • 2 carote, 2 cipolle, 2 pomodori e del sedano;
  • prezzemolo;
  • pepe;
  • sale,
  • limone.

Preparazione

Il primo step è pulire con dell’acqua e del sale le viscere e successivamente farle bollire in una pentola piena di acqua salata per un’ora circa. A seguito di questa di bollitura, bisogna rimuovere la carne dalla pentola e farla cuocere ulteriormente in un tegame con l’aggiunta di acqua fredda, oltre che di carote, sedano, cipolla, pomodori e prezzemolo. La cottura terminerà nel momento in cui la carne avrà raggiunto il giusto grado di tenerezza. Per l’impiattamento ricordare di servire il tutto con l’aggiunta di olio, sale, pepe e limone.
Ovviamente presso la Macelleria Sparacello sarà possibile trovare la ricetta autentica della caldume, così come raccontata. Se poi si effettuerà il ritiro del prodotto presso il negozio sito in corso dei mille a Palermo, sarà possibile acquistare anche un buon vino con cui accompagnare il piatto, come il Santa Margherita di Belice Rosso.

insalata di musso e carcagnolo | quinto quarto

Il glossario del quinto quarto palermitano

Palermo, capitale mondiale dello street food, deve gran parte del suo successo culinario alle parti meno utilizzate degli animali, il cosiddetto quinto quarto.

Palermo capitale dello street food e la rivincita del quinto quarto

Organi e interiora sono molto apprezzati dai palermitani e dai turisti, con piatti antichi ancora oggi riproposti nelle trattorie, nei ristoranti e nei piccoli corner gastronomici in giro per la città come pietanze tradizionali irrinunciabili.

Quali sono le parti più utilizzate delle interiora e delle frattaglie animali?

Il piatto simbolo dello street food è la stigghiola, ricavata dal budello dell’agnello e cotta sulla fornacella, la brace. L’odore goloso delle stigghiola arricchisce Palermo dalle 16.00 in poi, con venditori ambulanti in ogni angolo della città.

Altra pietanza da assaggiare in visita nel capoluogo siciliano preparata con il quinto quarto è il pane ca meusa. Si tratta di una focaccia di pane caldo condita con milza e polmone di bovino cotti nello strutto. Il panino con la milza può essere condito solo da sale e limone. Nella versione “panino ca meusa maritato” è condito da ricotta o scaglie di parmigiano.

Un piatto tipico dell’inverno palermitano è la caldume, in dialetto quarume, una zuppa di interiora di bovino quali trippa, duodeno, stomaco e retto. I quarumari tradizionali aspettano i clienti che, con le loro pentole portate da casa, vanno ad acquistare la zuppa ancora bollente.

Per uno spuntino pomeridiano audace, o per un secondo piatto fresco a cena, si possono utilizzare due ingredienti principi della cucina di strada palermitana: u mussu, ossia il muso del vitello, e u carcagnolu, il calcagno dello stesso animale. La cartilagine è saporita e callosa, perfetta per condire insalate con sedano, olive e carote, o per essere consumate “a stricasale”, ossia bollite e condite con sale grosso.

Ultima tappa culinaria obbligatoria per chi visita Palermo è la frittola, composta da un mix di scarti animali quali cartilagini e carni macellate miste di vitelli, maiali e ovini, prima fritti nella sugna e poi bolliti per far rinvenire solo la carne cotta.

Avverti un leggero languorino? La Macelleria Sparacello a Palermo serve cibo di strada tradizionale già pronto o carni e quinto quarto di alta qualità per le vostre grigliate, anche a domicilio.

quarume - caldume

Street Food palermitano: la quarume

La quarume è uno dei piatti più celebri dello street food siciliano e in particolare palermitano. Si tratta dello street food per eccellenza, un cibo da strada. Proviene dalla tradizione e per questo, per essere buono, deve seguire l’attenta ricetta siciliana tramandata da generazioni. È molto semplice e a Palermo si trova comunemente in giro per i vicoli della città con il suo profumo inebriante e il suo gusto deciso.

Quarume: come si prepara

Il piatto si prepara con le interiora del vitello ed è conosciuto anche come caldume. Viene servito come piatto caldo con interiora cotte nel brodo. Per prepararlo al meglio bisogna far bollire la carne per almeno tre ore ma, ovviamente, è proprio nella qualità del prodotto che si trova tutto il gusto e l’eccellenza. Senza la giusta qualità di carne è impossibile preparare un prodotto gustoso e buono. Tra i pezzi di carne più utilizzati oltre allo stomaco del vitello e all’intestino tenute vi sono centopelle, trippa e quagghiaru che si inseriscono con il preparato insieme a prezzemolo, sedano, carote e pomodoro. Per insaporire si aggiunge olio, limone, sale e pepe. Tutto questo permette di esaltare il gusto della carne.

Origini della caldume

Quarume è un termine che deriva dal greco che può essere tradotto come budellame ed ha delle origini particolarmente antiche. Nell’antichità questa veniva utilizzata per lo svezzamento dei bambini perché le interiora del vitello, essendo ricche di principi nutritivi, sono un valore aggiunto per la dieta soprattutto nei più piccoli.

La quarume storicamente è collegata alla nascita della colonia greca in Sicilia. La parola deriva nello specifico da Cholàdes ed è da distinguere da pietanze simili come la meusa o le panelle altri cibi tipici.

Queste preparazioni, classici della cucina locale, meritano tutta l’attenzione possibile perché sono la vera storia di una città. La pietanza è molto gradevole e anche capace di saziare e dare un ottimo rifornimento calorico. Da sempre, nella storia siciliana, veniva gustata da persone di ogni ceto sociale. Mentre mangiare nella locanda non era per tutti, visti i costi, un alimento come questo da strada era economico e riempiva la pancia ed era amato sia dai lavoratori come i fabbri, gli arrotini, i ferraioli che da tutti coloro che amavano il suo gusto sorprendente.

La fragranza della quarume, quando si passeggia per le vie della città, è facilmente riconoscibile, oltre che sorprendente ammirare la sua preparazione.

In un’epoca in cui a farla da padrone sono i piatti della tradizione, questo richiamo al passato genuino e sostanzioso resta una delle cose migliori che è possibile preparare in casa o semplicemente gustare per apprezzare tutto il vero sapore della Sicilia.

milza e polmone lessi

Pane ca meusa: origini e storia

Il pane ca meusa è uno degli alimenti più famosi dello streef food palermitano.

Il pane ca meusa: origini

Oggi è possibile trovarlo un po’ in tutta l’isola, ma la sua storia parte da molto lontano. Nasce grazie alla comunità ebraica che popolava Palermo già dal 590 d. C.
Il popolo ebraico, da sempre, ha avuto la grande capacità di fondersi ed uniformarsi facilmente alle culture nelle quali si è inserito.

Il quartiere ebraico a Palermo

Intorno all’anno Mille, gli Ebrei che vivevano nella zona di Palermo costruirono un proprio quartiere, quello conosciuto come Giudecca. Fuori dal perimetro cittadino, le abitazioni erano confinate e chiuse all’interno del quartiere Schiavoni. Le case della Giudecca sono caratterizzate dall’incavatura nella porta principale, per conservare il rotolo “Gheniza”, riportante versi della Torah.
La Meschita era la contrada dove si svolgevano le attività religiose e di culto e dove sorgevano ospedale, scuola e l’area destinata al rituale del bagno. La Guzzetta, invece, era incentrata su attività produttive e commerciali. Era in questa zona che sorgeva il macello dove si lavorava secondo la tradizione Kosher. La comunità ebraica di Palermo è una delle più grandi del Sud e raggiunse il massimo dello splendore durante il periodo di dominazione araba. Gli Ebrei venivano apprezzati come medici e come artigiani e vivevano in un clima piuttosto tollerante.
Sotto il dominio spagnolo, però, Ferdinando “Il Cattolico” emanò il decreto di espulsione nei loro confronti (1492), costringendoli a lasciare Palermo. Nonostante questo, però, la memoria è rimasta e permane tutt’ora in alcune tradizioni che riguardano artigianato, gastronomia e cadenze dialettale.

Tradizione culinaria

Proprio riguardo l’aspetto culinario, è opinione assai diffusa che la cucina palermitana sia influenzata da quella araba. In realtà moltissimi piatti tipici hanno origine ebraica, a partire dal pane ca meusa o pane con la milza. Questa ricetta, vecchia oltre 1000 anni, ancora oggi viene considerato il cibo di strada simbolo della città di Palermo.

La nascita della ricetta

Nel macello kosher i lavoranti non venivano pagati perché venivano rispettate le rigide regole ebraiche che non prevedono compensi in caso di uccisione degli animali. Come ricompensa, però, ai macellai era permesso di portare via le interiora, eccetto il fegato che era considerato pregiatissimo e venduto a prezzi altissimi.

Per cercare di rivendere questi “scarti”, i macellai kosher pensarono di bollire milza e polmoni e di affettare le cartilagini della trachea per friggerle nello strutto. Questi ingredienti vennero poi messi nel pane per creare un panino. Il pane ca meusa nacque in questo modo, grazie ai macellai kosher che sulle strade preparavano la ricetta sul momento e la vendevano ai Cristiani di passaggio. La tradizione continuò ancora, persino dopo l’espulsione degli Ebrei. A mantenerla furono i “caciuttari“, commercianti di panini ripieni di formaggio e ricotta a cui poi aggiunsero anche la meusa.

Pane ca meusa oggi

La tradizione è inevitabilmente sopravvissuta e giunta anche ai giorni nostri.

Oggi è ancora possibile apprezzare questa ricetta dal gusto ricco, intenso e particolare. Una curiosità riguardo al pane ca meusa è che deve rigorosamente consumato in piedi per correre il rischio di sporcarsi e quindi poter dire di aver mangiato davvero un panino con la milza come tradizione vuole.

Musso e carcagnolo | Macelleria Sparacello

Musso e carcagnolo: storia dello street food palermitano

Lo street food palermitano attinge a piene mani ai tagli di carne delle interiore, il cosiddetto quinto quarto che include milza, polmone, fegato, intestino – ma anche le cartilagini, in particolare quelli del muso e delle zampe del bovino.

Musso e carcagnolo (letteralmente muso e calcagno) fanno parte di una tradizione culinaria millenaria, che parte dall’usanza degli antichi Greci di utilizzare le parti di scarto degli animali come cibo da vendere nelle agorà, in piazza, ai meno abbienti.

I nervetti, ossia le cartilagini, vengono oggi servite in tutte le macellerie e nei banchi frigo dei supermercati, ma originariamente musso e carcagnolo erano ad appannaggio del quarumaru, un venditore ambulante che, oltre al carcagnolo e al musso, propone la famosa “quarume” – zuppa di interiora da mangiare bollente.

Il musso ha una consistenza più soda, è di colore scuro e ha un gusto carnoso ben definito; il carcagnolo, di colore bianco, è invece più molle, ma non morbido: trattandosi di cartilagine, va infatti masticato per benino.

In particolare, il calcagno può essere servito ancora attaccato all’osso della zampa, dalla classica forma tondeggiante. In questo caso, il carcagnolo subisce una sbollentata e una pulitura dalla pelle e dai peli, e può essere consumato con un’abbondante spolverata di sale sulla polpa. Questo modo di servire il carcagnolo viene detto “a stricasali”.

Il macellaio e i supermercati preparano invece un’insalata completa, composta da carcagnolo già disossato e sezionato e dal musso, a sua volta bollito per la cottura.

L’insalata di musso e carcagnolo alla palermitana è preparata con sedano, cipolla rossa e carote a rondelle, condita con olio, sale e aceto. Possono essere aggiunti sottaceti e olive nere e verdi per rendere un risultato ancora più saporito. Va servita fredda.

La Macelleria Sparacello a Palermo prepara insalate già pronte di musso e carcagnolo, oltre a vendere le singole cartilagini separatamente.