Palermo, capitale mondiale dello street food, deve gran parte del suo successo culinario alle parti meno utilizzate degli animali, il cosiddetto quinto quarto.
Palermo capitale dello street food e la rivincita del quinto quarto
Organi e interiora sono molto apprezzati dai palermitani e dai turisti, con piatti antichi ancora oggi riproposti nelle trattorie, nei ristoranti e nei piccoli corner gastronomici in giro per la città come pietanze tradizionali irrinunciabili.
Quali sono le parti più utilizzate delle interiora e delle frattaglie animali?
Il piatto simbolo dello street food è la stigghiola, ricavata dal budello dell’agnello e cotta sulla fornacella, la brace. L’odore goloso delle stigghiola arricchisce Palermo dalle 16.00 in poi, con venditori ambulanti in ogni angolo della città.
Altra pietanza da assaggiare in visita nel capoluogo siciliano preparata con il quinto quarto è il pane ca meusa. Si tratta di una focaccia di pane caldo condita con milza e polmone di bovino cotti nello strutto. Il panino con la milza può essere condito solo da sale e limone. Nella versione “panino ca meusa maritato” è condito da ricotta o scaglie di parmigiano.
Un piatto tipico dell’inverno palermitano è la caldume, in dialetto quarume, una zuppa di interiora di bovino quali trippa, duodeno, stomaco e retto. I quarumari tradizionali aspettano i clienti che, con le loro pentole portate da casa, vanno ad acquistare la zuppa ancora bollente.
Per uno spuntino pomeridiano audace, o per un secondo piatto fresco a cena, si possono utilizzare due ingredienti principi della cucina di strada palermitana: u mussu, ossia il muso del vitello, e u carcagnolu, il calcagno dello stesso animale. La cartilagine è saporita e callosa, perfetta per condire insalate con sedano, olive e carote, o per essere consumate “a stricasale”, ossia bollite e condite con sale grosso.
Ultima tappa culinaria obbligatoria per chi visita Palermo è la frittola, composta da un mix di scarti animali quali cartilagini e carni macellate miste di vitelli, maiali e ovini, prima fritti nella sugna e poi bolliti per far rinvenire solo la carne cotta.
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