L’autunno e l’inverno ci regalano ogni anno delle verdure sane e versatili che ci permettono di realizzare ricette nuove o indissolubilmente legate alla tradizione e, in tal senso, un esempio, perfetto è quello offerto dalla zucca. Basti solo pensare all’infinità di preparazioni che è possibile creare – sia salate che dolci – con essa per rendersi conto di quanto la zucca riesca ad accontentare qualsiasi tipo di palato e gusti, sia nei grandi che nei più piccoli.
Ci sono poi alcune regioni italiane che, più di altre, conservano una lunga tradizione culinaria legata alla preparazione della zucca e, a tal proposito, la Sicilia mantiene sicuramente un primato di tutto rispetto.
Zucca in agrodolce: una ricetta tipica della tradizione siciliana
Probabilmente nessun’altra regione italiana come la Sicilia conserva un patrimonio gastronomico e culinario così ricco e variegato, frutto di contaminazioni interne ed esterne che hanno fatto della sua cucina un esempio in tutto il mondo. Anche per quanto riguarda la preparazione della zucca, è possibile trovare una varietà di ricette difficilmente rintracciabile altrove.
Ma ce n’è una in particolare che, nonostante abbia origini antichissime, ancora oggi è molto apprezzata e si presta ad essere gustata all’interno di varie portate. Stiamo parlando della zucca in agrodolce che deve il suo nome a quel tipico connubio che la caratterizza rappresentato dalla dolcezza di questa verdura e l’aceto che le dona un gusto complessivo stuzzicante e piacevole. Si tratta di una prelibatezza che può essere servita sia come un semplice contorno in accompagnamento ad un secondo di carne sia come antipasto appetitoso.
I siciliani conoscono bene questo piatto, tramandato di generazione in generazione all’interno di buona parte delle famiglie che ne conservano gelosamente la propria ricetta personale, e sono soliti chiamarlo “o ficatu ri setti cannola“, letteralmente il fegato dei sette rubinetti. Ma perché, quindi, questo piatto veniva e viene definito fegato se, in realtà, si tratta di zucca? Cerchiamo di capire meglio insieme l’origine e la storia di questo nome.
Origine
La ricetta della zucca in agrodolce può essere fatta risalire addirittura al XIII secolo e alla dominazione degli Angioini sui territori siciliani. In particolare, questa preparazione si diffuse nella città di Palermo all’interno di uno dei suoi mercati più vecchi e popolari – la Vucciria – dove era possibile trovare prodotti di alta qualità, primizie, frutta e verdura fresche e, ovviamente, carne di prima qualità, tutti prodotti molto apprezzati e ricercati da coloro che provenivano non solo da Palermo, ma da varie parti della Sicilia per approvvigionarsi al mercato della Vucciria.
Le prelibatezze presenti in questo mercato erano, quindi, molteplici e alcune di esse potevano essere acquistate solo da persone ricche che potevano permettersi, ad esempio, una o più fette di fegato tanto conosciuto e apprezzato all’interno della cucina siciliana. Esso, infatti, veniva considerato una leccornia da preparare principalmente fritto e, successivamente, marinato in agrodolce insieme all’aceto e ad abbondante menta.
Chi non poteva permettersi di acquistare il fegato, poteva ricorrere ad un’alternativa più economica e prelibata quasi quanto l’originale. Infatti, erano gli stessi ambulanti del mercato della Vucciria che preparavano per i loro clienti meno abbienti fette di zucca cucinata esattamente come il fegato in agrodolce e la vendevano in quella parte del mercato circondata da sette fontane dotate di altrettanti rubinetti.
Ecco, allora, perché la zucca in agrodolce veniva e viene chiamata dai palermitani il fegato dei sette rubinetti.